mercoledì 30 marzo 2011

Francesco e Gesù

27 - 03 - 2011 Mi appare un santo; un santo conosciuto, che ormai tante volte è venuto a fare visita a noi uomini: si tratta di Francesco - come lui vuole essere ricordato - umile servo di Dio. Francesco si siede in quel posto che ormai tante volte ho visto: un grande prato verde contornato dal bosco, con una tranquillità al di sopra di ogni nostra conoscenza. Francesco siede sul masso posto a un lato del campo, sopra a un piccolo rialzo; e lì, con la sua calma e la sua umiltà, incomincia il suo racconto: “ Salve a voi tutti, uomini di Dio e a tutti voi che in Dio credete. Saluto anche voi, uomini che rifiutate Dio, ma che avete pur sempre il tempo di redimervi e di convertirvi se, nella vostra cecità, un giorno aprirete i vostri occhi. Ormai, nel vostro tempo, è tempo di Pasqua: della morte e resurrezione di Gesù, Figlio di Dio fatto uomo come voi, come tutti voi. E con tutti voi ha condiviso, in terra, il vostro vivere, il vostro sopravvivere giorno per giorno, con tutte le varie difficoltà. Ha provato la fuga da bambino, da neonato: in fuga da chi voleva fin da subito ucciderlo. Braccato e perseguitato, temuto per la paura del suo nome e di ciò che rappresentava; per ciò che la gente diceva di lui: Ecco è nato il Figlio di Dio, il re dei re. Paura e odio erano, allora, nelle menti dei potenti; paura di perdere il proprio potere: potere basato sulle leggi dell'uomo e sulla paura che l'uomo esercitava sul più debole. Odio verso costui, Gesù, che cresciuto predicava la pace, l'uguaglianza tra i popoli, la fine della schiavitù. Terrore da parte dei sacerdoti del tempio e da parte dei saggi che lo interrogavano, e da lui ricevevano risposte ineccepibili e veritiere; ricevevano lezioni di vita e di saggezza che non potevano essere in un ragazzo, quale era Gesù, se non illuminato dalla saggezza divina. Ma di quale Dio, pensavano i saggi e i sacerdoti? Non certo il loro. E quindi Gesù diventò scomodo, perché non capivano: era una minaccia alla loro superiorità, perché il popolo ascoltava Gesù e lo seguiva, al contrario di loro. Quindi l'uomo, nella sua saggezza satanica e pazza, come sempre, decise che ciò che ne minava il potere era un rischio; era qualcosa di cattivo e, con l'inganno e la menzogna nel cuore, lo condannarono a morte. Io, Francesco, mi chiedo e chiedo a te, Gesù, Figlio di Dio - Figlio di Colui che tutto può, di cui non son degno neanche di pronunciare il nome - Gesù amatissimo, perché tu entrasti in Gerusalemme, quando già conoscevi il tuo destino?” Detto ciò, ho visto aprirsi il cielo sopra a Francesco, e una luce intensa e bianca è scesa davanti a lui. Dentro a questa luce, raggiante, è sceso Gesù, Figlio di Dio. Francesco si butta ai suoi piedi. Gesù lo invita ad alzarsi e a sedersi di fianco a lui. Queste le sue parole: “Francesco, umile servo, grande fra i grandi: grazie per la tua umiltà, la tua fedeltà. Non ti prostrare ai miei piedi. Tu sei degno di mangiare alla mia mensa, tu sei degno del regno di Dio! Francesco, io seguii il mio destino. Ho seguito, senza vacillare un istante, ciò che mio Padre aveva a me destinato. Sapevo che in quel luogo avrei trovato la sofferenza, il dolore, il tradimento e la morte - la morte in croce - ma io avevo fede e amore: tanto amore per Dio e per l'uomo. Niente poteva fermarmi dall'amare Dio. Nemmeno il dèmone, nel deserto, mi fece vacillare. Nemmeno il mio doloroso destino mi ha fatto rinunciare ad amare Dio, mio Padre, e Padre dell'universo”. Francesco: “Mio Gesù, perché a te tanto dolore e a me solo la gioia di amarti? Non è giusto: condividi con me un po' del dolore della croce, per poter alleviare in parte la tua sofferenza. Dimmi, perché nel processo l'uomo non ti salvò? Perché, sebbene certi della tua identità, salvarono un ladro, un assassino e non te, reo di essere buono e giusto?”. Gesù: “Caro Francesco: il mio destino doveva compiersi e l'uomo dimostrò, allora come oggi, di essere una facile preda del demonio. Se impaurito o per interesse, l'uomo gira le sue idee e il suo credo, come bandiera al vento: giudicando chi, il giorno prima, era un esempio e un saggio; giudicando a morte la pace, e l'amore per la vita e per Dio. E' triste, Francesco, ma ancora oggi, nel loro tempo, gli uomini non hanno perso questa abitudine. E nella loro saggezza, si fanno guidare dall'istinto. Lo stesso istinto che guida gli animali”. Francesco: “Gesù, mio amato, neanche sotto i colpi del flagello - che con potenza, odio e ira, ti scarnificavano - neanche lì, in quel momento di dolore estremo, tu ti ribellasti all'ira dell'uomo. Neanche lì tu rinnegasti tuo Padre: come sopportasti tutto ciò, mio Signore?”. Gesù: “In verità, ti dico, Francesco: ogni uomo, donna, figlio di Dio che crede in Dio, amandolo e adorandolo; ogni uomo, donna, che si sente figlio di Dio e che porta avanti la parola di Dio, facendola viaggiare tra terre e continenti, tra mari e deserti: ogni uomo può sopportare, per Dio e in nome di Dio, ciò che io ho patito. Non i colpi del flagello, del dèmone malvagio, possono far vacillare l'uomo e la donna di Dio; non la falsa testimonianza dell'uomo, che senza scrupoli li condanna - per la propria tranquillità e per sentirsi più forte e più potente - può fare rinnegare Dio all'uomo e alla donna che in Dio credono. Nulla può spaventarli. Affrontano il dolore e la morte certi che, nel Regno, il loro nome è già scritto, per la vita eterna”. Francesco: “E infine, Signore, la salita con la croce, le tue cadute e la crocifissione. Anche lì non ti sei mai lamentato. Non un lamento, ma tanta forza: la forza di rialzarsi e di andare incontro al proprio destino, terribile e finale. La tua corona di spine, neanche quella ti sei tolto! Denudato, come l'ultimo dei ladri, e deriso come chi ha perso il suo trono, sei stato crocefisso. Perché tanto odio? Perché tanta cattiveria e violenza, perché?”. Gesù: “La croce, Francesco, è simbolo di Dio. La croce, il legno della croce che abbracciavo, mi ricordava Dio, mio Padre; e che stavo patendo per l'uomo, per cancellare all'uomo i suoi peccati. Quale altro Dio avrebbe condannato suo figlio a tale sofferenza; per salvare l'uomo che non vale nulla, confronto a Dio e a me, suo Figlio? Sotto il peso della croce ho sentito il peso dei peccati dell'uomo; nella corona di spine vi era l'ulteriore verità della cattiveria dell'uomo, che come un re mi ha voluto incoronare, per deridermi e darmi ancora più dolore. Non capivano, e non capiscano tuttora, che ciò che condannano è ciò che è giusto; che il loro mondo è sbagliato. E che oggi, come allora, cercano sempre il giusto e l'umile per crocifiggerlo: perché oggi, come allora, l'uomo è soggiogato dal demonio. Il demonio, di cui tanto vi è stato parlato, ma che l'uomo ormai tratta come alleato. Il demonio, che rideva compiaciuto vedendo me, il Figlio di Dio, in croce; compiaciuto, insieme all'uomo che mi derideva e mi sputava: compiaciuto per tanta ira, e per tante anime che sarebbero affluite a lui, come un fiume. Quando, prima di morire, prima di spirare, ho gridato al Padre il mio amore, il demonio smise di ridere. Poi la mia morte, il vero amore delle persone a me fedeli, e fedeli a Dio; la mia sepoltura e, infine, la mia resurrezione, tornando al Padre. Vi assicuro, fratelli e sorelle, che il demonio non rideva più, poiché aveva capito la mia forza. E aveva capito che nulla poteva fare contro di me, e contro gli uomini fedeli a Dio. Il dèmone, sgomento - come sgomenti furono gli uomini che, raggiunti dalla notizia del Dio risorto, rimasero increduli. Ma nello stesso tempo perplessi, tacendo così la loro voglia di deriderlo e di burlarsi di lui. Io, Gesù - caro Francesco, cari fratelli, sorelle - ho dimostrato che, per Dio e con Dio, tutto si può. E che gli offesi, in mio nome, di oggi, saranno in paradiso con me domani. Non temete, se il dolore vi sembra insopportabile. Non vacillate davanti alla vita e davanti alle prove; non date al dèmone la possibilità di tentarvi e di indurvi nel peccato. Ricordatevi di Gesù, umile uomo, morto per voi. E che per Dio, e in nome di Dio, ha guadagnato la vita eterna. E anche voi, come lui, potete sperare tanto; perché Dio non dimentica i suoi figli: ricordatelo!”. Francesco: “Grazie, o Dio, Padre onnipotente! Grazie, Gesù, Figlio di Dio! Datemi la forza di portare la croce. Datemi la gioia di potervi amare e lodare. Datemi solo il vostro amore, ed io sarò con voi, nel Regno, vostro umile servitore”.

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